L'omofobia è un problema per chi la prova. Tutti compresi.
Eterosessuali non informati e omosessuali ancora troppo
rabbiosi.
L'omofobia è uno smarrimento che porta a una insulsa
disperazione, alla creazione di branchi atti a difendere loro stessi, in nome
della collettività, da una diversità inconcepibile che per loro continua a
resistere nel tempo.
L'omofobia è noiosa, come alcune reazioni umane del tutto
inutili. Quando poi si passa alla violenza verbale o alla tolleranza si
sconfina nel disagio mentale. E conviverci è dura.
Non basta la storia a tranquillizzare quelli che per
esistere e avere il sollievo di confermarsi “normali”, devono specchiarsi sulle
azioni altrui. Ed evidentemente non bastano nemmeno le azioni coordinate per la
conquista di quelli che vengono definiti diritti, ma che di fatto sono intime
condizioni di esistenza.
L'omofobia disturba l'intimità.
Verrebbe da pensare che è meglio non parlarne, non dare
nemmeno la soddisfazione di informazioni che vengano recepite come
giustificazioni.
Eppure più del pudore e dell'intimità conta la dignità e la
memoria di chi ha sempre preso posizione e ha fatto azioni concrete.
“Siamo nel 2012! Ma lei crede davvero che ancora ci sia
tutto questo astio nei confronti della diversità?” mi è stato chiesto da una
signora gentile a una presentazione. Nei suoi occhi un misto di compassione
materna e l'effetto degli ansiolitici.
“Sono felice al pensiero che prossimamente negli Stati Uniti
verrano istituite scuole speciali per omosessuali” replica l'attivista,
circondato dalla cerchia di quelli che hanno ancora troppa paura di essere
picchiati.
Oltre al coraggio serve la lucidità. Perché se non bastano
le legittime proteste verso la negazione della libertà, se non basta il dolore chi
quelli che sono costretti a guardarsi intorno con il timore di essere
dileggiati oppure semplicemente schedati di fronte alla società, allora vuol
dire che la paura è ancora troppo dilagante.
Il problema è la paura, “assenza d'amore”, diceva Einstein.
E la paura parte dall'apnea, da uno sforzo interno che nella
sua congestione rischia di strappare ogni volta pezzetti di carne. La paura fa
male e ha un effetto contagioso.
La leggerezza può essere un decongestionante per la paura e
un componente utile per la lucidità.
Leggero, lucido e coraggioso è Claudio Finelli. Presentatomi
da Franco Buffoni nel dicembre del 2011 mi propose un paio di presentazioni a
Salerno e a Napoli. Oltre a tutte le persone che ho ringraziato nel libro, mi
sento di citare proprio Claudio. Accanto a lui il carissimo Luciano, amico e
collega negli allestimenti teatrali ai quali da anni insieme si dedicano.
Niente formalismi, subito al sodo. Intesa immediata.
Parlare, confrontarsi, quello che si fa al sud rispetto al nord. Claudio risponde
a raffica, sa quello che dice. Iniziative, campagne di sensibilizzazione
all'interno delle scuole, “non è possibile che ancora si debba spiegare che
l'effeminatezza non c'entra con l'orientamento.”
Bere, parlare, ridere. Tante persone accorse alle
presentazioni. Domande, attenzione, i diritti civili, ma anche l'amore per la
narrazione e la poesia. Nella seconda serata pure una sceneggiata nel bel mezzo
dell'Hotel Chiaja. Vedi Napoli e rinasci, altro che discorsi...
La spontaneità come salvezza.
Grazie Claudio!